MUSEI VATICANI

 

La collezione dei dipinti di Salvatore Fiume nei Musei Vaticani è composta da 33 opere, da lui donate a quei musei, che furono scelte fra i numerosi temi che avevano caratterizzato la sua produzione fino al 1977. In quell’anno Fiume ricevette nel suo studio di Canzo una visita di Monsignor Pasquale Macchi, segretario particolare di Papa Paolo VI, con il quale fu concordata la selezione delle opere, la più nota delle quali è la Gioconda Africana. In essa Fiume aveva reso omaggio alla nobile bellezza della donna africana, ispirandosi alla famosa Monna Lisa di Leonardo da Vinci.

TESTI CRITICI

ANTONIO TARZIA

da Fiume in Vaticano
Edizioni San Paolo
Milano, 1998

Il merito fu senz’altro di Papa Montini e molto si deve alla sensibilità artistica e alla lungimiranza di Mons. Pasquale Macchi, allora segretario particolare di Paolo VI, se questa splendida collezione di oli fu assemblata e in blocco poté varcare la soglia dei Musei Vaticani, destinata ai cultori d’arte e ai cristiani di ogni tempo che nell’arte sanno trovare una traccia di Dio, una via dell’assoluto. Domandai una volta a Fiume: “Maestro, nel dipingere una crocifissione o una Madonna, un Cristo giudice o un Bambino a Betlemme, non le è mai successo di sorprendersi a pregare?”. “Sì – mi rispose – ma non è una vera e propria preghiera: è una conversazione pacata, come parlare al telefono con un amico.  Non sento Dio sulla tela o nei colori, me lo ritrovo a fianco: una presenza discreta, che a volte suggerisce una soluzione pittorica e spesso tace, come chi sta a guardare e sorridere quando sbagli. Io penso che Dio sia un gigante che gioca a bocce con le stelle e i pianeti; la Terra è il suo boccino ma, quando si china sull’uomo, lo rende protagonista e questo minuscolo essere illuminato dalla sua attenzione diventa un santo, un eroe, un artista capace di inventare il bello”. L’arte di Salvatore Fiume non si è caratterizzata come un’arte religiosa impregnata di messaggi o protesa in una ricerca spirituale; per decenni il suo estro si è dilettato con i miti mediterranei, nelle rivisitazioni storiche di personaggi ed eventi; attraversato da una vena ironica ha folleggiato con i simboli, misurandosi con stili e stilemi di altri tempi e di altre culture. Le donne soprattutto hanno calamitato la sua attenzione e nel fascino dei loro colori puri e stregati egli ha vagabondato, inseguendole in ogni dove: negli harem, sui balconi d’oriente, nelle piazze andaluse, dietro ai ventagli giapponesi, sotto le palme e nei mercati di frutta della Polinesia. In questi ultimi dieci anni Fiume ha però scoperto il Vangelo, lo ha riletto e illustrato con ventiquattro oli e tanti, tanti bozzetti; poi, sollecitato dagli amici della San Paolo, ha messo mano alla Bibbia e nel 1995, anno della donna, ha licenziato il volume Le grandi donne della Bibbia, un nugolo di angeli suonatori dalle ali colorate e, quindi, I grandi uomini della Bibbia: patriarchi, re e profeti e ancora santi martiri, come le “santuzze” siciliane Agata, Lucia e Rosalia o santi monaci come Benedetto, Francesco d’Assisi e Padre Pio da Pietralcina. Quando nel sole di un mattino di giugno il Signore lo ha chiamato per mostrargli quanto sono più belli i colori visti nella Sua luce, lui stava lavorando a un trittico con angeli, Pietro e Paolo e un Cristo risorto e sorridente. L’ultima sua grande pala, destinata per testamento a Musei Vaticani, è stata la “Madonna del Giubileo”: a differenza della “Madonna d’Africa” – lo splendido olio che campeggia nella chiesa parrocchiale di Patti in Sicilia – nella quale la figura coronata come una regina, con il piccolo re in braccio, danza facendo vela con l’ampio vestito bianco arabescato d’oro, questa del Giubileo è ferma ma non statica, è la Madonna con la quale si ha un appuntamento: lei aspetta serena con una gran pace e una grande misericordia nella sguardo. Nel retro del quadro è scritto: “Una mamma per gli uomini del Duemila; una sorella e  un’amica; la donna più donna: Dio l’ha scelta per sé e lui non sbaglia, scegliamola anche noi per il prossimo millennio”.

ENRICO CRISPOLTI

Sacralità e sacro nella pittura di Fiume
da Fiume in Vaticano
Edizioni San PaoloMilano, 1998

Non tutti i dipinti di Salvatore Fiume che figurano attualmente nella collezione del Museo Vaticano d’Arte Moderna – pur se prescelti da un’apposita commissione di questo, donati in connessione con la committenza da parte di Paolo VI di una Crocifissione destinata appunto a tale collezione – risultano in realtà di soggetto “sacro”: anzi alcuni sono invece di carattere esplicitamente “profano”. D’altra parte non tutte, né le maggiori, pitture di tematica “sacra” realizzate da Fiume nel tempo figurano in tale lotto di sue opere nella collezione vaticana, pur se recenti come quel crocifisso triumphans del 1986, intitolato appunto Christus vincit; o, per fare un altro esempio, la cospicua coeva Deposizione; ambedue esposti nell’antologica di Fiume a Mosca nel 1991 e neppure la grande Ultima cena, del 1995. Non credo che ciò sia del tutto occasionale, quanto invece risponda se mai occasionalmente a un’effettiva condizione dell’immaginario dell’artista siciliano. […] Giganteggiante monumentalità arcaico-metafisica e sensualità esplicata attraverso l’intrisione del richiamo iconico entro la qualità stessa di una dimensione pittorica materiosa, spatolata, goduta in tutta la sua fisicità: paradossalmente ambedue queste componenti dell’immaginazione di Fiume sono attestate nel lotto di sue opere prescelte per la raccolta vaticana. Rispondendo più dunque a un’intenzione di documentare il suo lavoro nella naturalezza del proprio fluire immaginativo che non alla parzialità (che non sarebbe stata comunque motivata) di ritagliare in tale lavoro soltanto esiti appunto di attinenza “sacra”. E tuttavia ciò in ragione del fatto che questi affiorano entro tale naturale, e direi felice, sensualmente soddisfatto, fluire immaginativo, senza nettamente isolarvisi, né come occasione. […]