I DIPINTI PER I TRANSATLANTICI

1951 · 1952

Negli anni ’50 in tutta Europa, sull’onda della ripresa post bellica, si assiste al successo degli Ocean Liners cioè dei grandi transatlantici che permettevano di raggiungere il continente americano con una spesa più contenuta rispetto al volo aereo, in quell’epoca ancora troppo caro ed elitario. Anche l’Italia, terra di forte emigrazione, avvia vari progetti di ricostruzione della propria flotta civile. Nel 1951 l’illustre architetto Gio Ponti commissionò a Fiume un dipinto di 15,30 metri per 2,80 per il transatlantico Giulio Cesare intitolato Italia Mitica. La composizione, ispirata all’opera di artisti quali Masaccio, Paolo Uccello e Piero della Francesca, raffigura una città rinascimentale idealizzata, cinta da mura all’interno delle quali vi sono torri, palazzi e monumenti. Nello stesso anno Gio Ponti gli commissiona anche un enorme dipinto di 48 metri per 3, per il salone di prima classe del transatlantico Andrea Doria. Si tratta del dipinto intitolato Le Leggende d’Italia, la cui funzione è quella di offrire ai viaggiatori diretti in Italia, un’anticipazione dei molti capolavori che avrebbero ammirato nelle più belle città italiane. Fiume creò una serie di spazi (piazze, vie, loggiati) nei quali inserì diverse riproduzioni di capolavori degli artisti più importanti del Rinascimento, come Giorgione, Verrocchio, Donatello, Leonardo, Raffaello, Tiziano, Michelangelo, e di sculture di varie epoche presenti nel nostro paese. L’impatto visivo del salone fu tale che si disse che la nave fosse stata costruita intorno al dipinto. Purtroppo il transatlantico affondò nel 1956 al largo dell’isola di Nantucket, speronato dalla nave svedese Stockholm. 

TESTI CRITICI

SALVATORE FIUME

da Al largo di Nantucket
“Il fiume”, edizione unica fuori commercio
Stampata in 1000 copie, 1956

Un mio dipinto di quarantotto metri di base per tre metri di altezza è finito l’altro giorno in fondo al mare, al largo dell’isola di Nantucket su un fondale profondo settanta metri. Ora mi sono adattato a immaginarlo fra i pesci, visitato da centinaia di pesci-lanterna che vanno a guardarselo pezzetto per pezzetto, come noi del mestiere facciamo coi quadri che vediamo per la prima volta. Non potevo rassegnarmi all’idea che il mio lavoro di un anno fosse condannato alla decomposizione nel buio e nel silenzio del fondo marino. Pareva inaffondabile, tanto era grande nel mio studio, disteso comodo sulle pareti come un gigante sdraiato sulla spiaggia…